Suona
come un verso poetico il titolo della mostra, antologica e postuma,
di Giuliano Leonardi. Eterna dentro il tempo, al Castello
di San Michele a Cagliari fino al 25 gennaio, riscopre un artista
sardo rinomato negli anni Trenta e Quaranta, poi per lungo tempo
obliato. Scultore di fama e pittore segreto, Giuliano Leonardi
nacque a Sorso nel 1899 e lì tornò, prima di morire, a 90 anni.
Visse e lavorò a Roma, in un atelier sulla Flaminia dove abbozzava
scultore e accumulava dipinti che non mostrava nè vendeva.
Organizzata dall’assessorato alla Cultura del Comune di Cagliari,
la rassegna celebra l’autore della Virgo Fidelis e del monumento a
Salvo D’Acquisto, opere assai famose commissionate al maestro
dall’arma dei Carabinieri. Al Castello di San Michele
(allestimento Arteficio), una serie molto bella di Madonne e Beate
in elegante stile decò, e una teoria - inquietante - di quei
paesaggi che Leonardi dipingeva, uno dopo l’altro, senza apparenti
differenze. Sempre le stesse pietre, sempre gli stessi alberi, in
vedute così lontane dal naturalismo da poter essere definite
metafisiche. Una cadenza quasi di rosario, un mettere in fila quadri
come una pratica mistica, un esercizio di fede. Nessun umano si
aggira tra pietre alte e in bilico, tra ruderi romani senza tracce
di dolcezze romantiche. Quei sassi in equilibrio instabile, le
immote piante di un verde grigio rimandano a una lucida solitudine.
Leonardi aveva una natura profondamente religiosa, era un uomo che
vedeva negli scalpelli e nei pennelli -nell’arte praticata per
tutta la vita- una missione. «Ogni albero è una preghiera», così
rispondeva a chi gli chiedeva conto di quella severità di
rappresentazione, dei colori smorzati, della vegetazione che spunta
da uno sperone di roccia, della precarietà di un elemento naturale
di solito sinonimo di fermezza. Un dialogo silenzioso tra macigni
spaccati e rami e tronchi che spesso tendono le fronde verso le
rocce. Non è il movimento che interessa il pittore, ma forse lo
scorrere del tempo, le sue variazioni, percettibili soltanto a chi
le osserva tutti i giorni e le restituisce sulle tele. Con «pennelli
surgelati», come li ha definiti Vittorio Sgarbi la sera
dell’inaugurazione. La figura anomala e suggestiva di Giuliano
Leonardi è approfondita da Simona Campus nel catalogo di Carlo
Delfino con introduzione di Giorgio Pellegrini su un artista
ritrovato che è stato «sino ad ora impigliato nelle pieghe oscure
della Storia». Scultore di temi classici, ritrattista abilissimo
sia sul cartoncino sia nei busti in bronzo e gesso, Leonardi si fa
fotografare nel suo studio. Intorno bozzetti, bassorilievi, statue,
ma nessun quadro. I suoi paesaggi deserti erano cosa intima,
specchio d’inquietudine, spazio dell’anima.
Alessandra Menesini
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