Giuliano Leonardi
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Giuliano Leonardi nel suo studio in via Flaminia a Roma

Esce improvviso alla ribalta Giuliano Leonardi, e con lui l’opera di uno scultore e pittore impigliato sino ad ora, nelle pieghe oscure della Storia. Artista solitario e sardo silenzioso inghiottito nel clamore ovattato dell’Urbe, dove sceglie di vivere, appartato, oltre mezzo secolo della sua esistenza. Figlio del Novecento, sia in senso cronologico che in quello, estetico, coniato dalla Sarfatti, Leonardi incarna perfettamente tutta la vitalità splendidamente ambigua di quel sentire artistico che attraversa l’Italia tra le due guerre e a cui resterà fedele, con ostinata coerenza, sino alla fine dei suoi giorni. Padrone sicuro delle formule antiche della grande scultura italiana, Leonardi sa anche mettersi in evidenza, con successo di committenza, specie pubblica, in una serie importante di lavori monumentali, che ne confermano, soprattutto nella Capitale, le doti manifeste di ottimo modellatore di forme. Sorprende, pertanto, più intima, nascosta, come è rimasta sino ad oggi, la consistenza smisurata di certa sua produzione pittorica, accumulata negli anni con gelosia appassionata e implacabile, quadro dopo quadro, sino ad ingrossarsi in diverse centinaia di pezzi, tutti agguantati insieme e mai alienati, neppure dietro l’insistenza dei committenti più fedeli, sino alla morte. Un repertorio enorme, insomma, dove si celebra la serialità quasi infinita di un tema fisso: un paesaggio. Uno scorcio di campagna verde ed eternamente deserta. Come allontanate bruscamente, mancano quelle figure umane tanto curate nello “stracciato” superbo dei rilievi. Nella scena silente, spicca sempre e solo la durezza solitaria di una roccia. Variamente illuminata, impegnata a volte nel dialogo mutuo con alberi e piante, immota eppure pervasa da un fremito vitale di misterioso bioformismo, sempre incredibilmente diversa: quella roccia nello spazio scandisce un percorso metafisico che dura quanto il tempo. Icastica unità di misura di una vita, ne racconta il progredire lento, l’apparente immutabilità, l’iterazione pulsante del quotidiano, il suo fluire inarrestabile, assoluto. E il martellare sordo della sequenza tenace sembrerebbe quasi disvelarne l’essenza arcana di una sorta di figurato mantra “occidentale”, automatismo di formula moltiplicata come una preghiera segreta. Ma a vederli meglio, a fissarli con cura, uno per uno, quei quadri dipinti per durare in eterno – tecnica complicata che Leonardi si è portato con sé in altro mondo –  si rivelano finalmente come pagine fitte di un singolarissimo “diario” personale, scritto con il pennello. Effemeridi di pietra sognata ed effigiata, giorno dopo giorno, materia dura eppure malleabile, posseduta dall’anima dell’autore che se ne veste e sa muoverla, modellarla, costringerla nelle pose variate di un misterioso codice di segni lenti. Linguaggio originale e insieme coltissimo, questo di Leonardi pittore: la ripetitività, insistita a dismisura, del reale lo separa subito dall’area vasta dell’onirismo surrealista, per avvicinarlo invece alle suggestioni del realismo magico e alla fisicità, inquietante nella sua immanenza enigmatica, di certe epifanie metafisiche, con tutto il loro corteggio di tradizione dell’immaginario. Trucco antico di bioformismo che già si legge nelle rocce prodigiose di Mantenga e dei coevi ferraresi, sino a traboccare nelle bizzarrie manieriste, da Bomarzo ai ritratti petrosi di De Momper, per svuotarsi di senso nelle rocailles barocche, raffiorare ancora, intriso di prepotente simbolismo, nelle nuove ansie romantiche dei visionari ottocenteschi e sfociare infine nel mistero moderno delle Harzstenie – le “Pietre resinose” – del cupo Franz Radziwill. Esattamente a metà strada, tra l’enfasi stregonesca di questo nordico ombroso e la “classicità” lunare e sconcertante di De Chirico, trova una sua posizione distinta la magia speciale, intima, dell’enorme “diario” dipinto di Giuliano Leonardi. Capace di declinare una propria, pronunciata versione di un naturalismo peculiare, dove la grande tradizione paesaggistica italiana s’impregna di un’ aroma forte d’irrazionalità romantica, tutta avvitata nel rovello individuale dell’autore, che freme e muove dentro lo schema naturale di quella serrata imbragatura, luminosa di razionale, dovuta alla struttura profonda dei modi classici della rappresentazione del reale. Modi millenari, di cui Giuliano Leonardi sa farsi squisito interprete moderno con il suo privato, eroico smarrimento davanti alla natura e al destino.

 

Giorgio Pellegrini

Assessore alla Cultura di Cagliari
Storico dell'Arte